Pubblicato il 18 Ottobre 2025

Carla Maria Colombo ci ha accompagnato in questa ricerca-confronto tra Magritte e Hopper riuscendo ad approfondire le affinità tra questi due grandi artisti.
Al di là delle rispettive tecniche pittoriche, ambedue in un momento storico di grande impatto dell’astrattismo, rimangono fedeli alla figura, alla forma ma esplorano entrambi la fusione tra realtà e mistero.

Magritte lo fa sfidando la percezione dello spettatore, mettendo in discussione la differenza tra ciò che vediamo e la stessa realtà rappresentata. Le immagini spesso ingannano o nascondono il mistero della vita, l’uomo con la bombetta nasconde il viso, a volte dietro una mela (a volte il viso addirittura svanisce) così crea un senso di alienazione e mistero, spingendo lo spettatore a confrontarsi con la complessità dell’esistenza e l’impossibilità di comprendere completamente la vita. 
La realtà è insomma relativa, è una illusione che si può percepire solo cercando di esplorare il mistero che la pervade e questa è la stessa filosofia che troviamo in Edward Hopper. Nelle sue tele troviamo paesaggi e luoghi di città tipicamente americani, le sue rappresentazioni contengono una realtà densa di silenzio da cui trapela appunto quel senso di mistero.

Se nel primo (Magritte), sono gli oggetti ad essere decontestualizzati, in modo da spiazzare l’osservatore, nel secondo (Hopper), sono le atmosfere, i silenzi e il taglio fotografico delle immagini a spingerci ad indagare a chiederci quali circostanze, quali significati, quali “misteri” ci sono dietro e dentro quelle tele.
Anche noi, almeno per una sera, siamo riusciti ad estraniarci dalla realtà del nostro mondo di brutture grazie a Carla Maria Colombo. Con la dovizia delle immagini mostrate e raccontate con passione, ci ha mostrato due artisti che giocando tra percezione, mistero e identità ci hanno resi partecipi di quanto può essere grande l’arte.

Gdip