Pubblicato il 18 Maggio 2025

con Maurizio Beucci: lo sguardo poetico di Luigi Ghirri 40 anni dopo

Una serata indimenticabile con Maurizio Beucci dedicata a uno dei libri fotografici che nel novecento ha segnato una svolta: “Viaggio in Italia” di Luigi Ghirri.

Un progetto che, a quarant’anni dalla sua pubblicazione, continua a rappresentare una rivoluzione silenziosa ma potentissima nel modo di guardare il paesaggio italiano

Dalle origini del mito al paesaggio contemporaneo

Per capire Viaggio in Italia bisogna partire da molto lontano: dal Gran Tour, dalle  pagine di Goethe, fino a Guido Piovene con il suo omonimo “Viaggio in Italia” trasmesso anche alla radio, che ispirò la generazione di Ghirri. 

Per secoli l’Italia fu la meta dei viaggi di formazione artistica e culturale di ricchi giovani dell’aristocrazia europea che visitavano le grandi capitali dell’arte per perfezionare la loro cultura: ogni intellettuale europeo doveva “vedere” l’Italia per potersi dire tale.

I fratelli Alinari, furono i primi ad usare sistematicamente la fotografia per documentare i luoghi del Gran Tour, contribuendo a creare un immaginario visivo basandosi sull’emulazione della pittura, perché quella era l’immagine che i libri davano nel racconto, i loro scatti ricalcavano le atmosfere classiche del Piranesi.


In questo periodo mentre in Francia e in altri paesi europei la fotografia stava prendeva una strada autonoma, in Italia si continuava a “fotografare come si dipingeva”.

Tra stereotipi, pubblicità e paesaggi replicabili

Negli anni ‘60 e ‘70 l’Italia si divise tra due tendenze: i “pittorialisti” da un lato e i fotografi sociali dall’altro, impegnati a raccontare un’Italia minore, marginale, povera ma vera.

Ghirri evade da entrambe le direzioni, creando un linguaggio completamente nuovo: poetico, concettuale, ma anche ironico e colmo di umanità


“Lo sguardo giusto per leggere Ghirri è quello dei bambini: quello che si posa sulle cose del mondo senza pregiudizio, con la meraviglia della scoperta”. Maurizio Beucci


E così un paesaggio ordinario, una casa di provincia, una parete con una stampa diventano icone della memoria collettiva, che spesso si confondono con i linguaggi della pubblicità, dei depliant, dei cartelloni.

Lo smarrimento di Ghirri e la visione del paesaggio


La riflessione si era già fatta intensa all’inizio della serata quando Maurizio Beucci ha citato il celebre commento di Renzetti, che definì Viaggio in Italia come il seme di una tendenza fotografica del momento. Un’osservazione che destabilizzò Ghirri, che odiava le mode e rifiutava le etichette. Per lui, fotografare significava cercare una verità più intima, una forma di poesia silenziosa


“Le persone di spalle? Così possono avere mille volti.”Luigi Ghirri


Beucci ci ha mostrato due immagini: una alle Canarie con due palme, l’altra all’Alpe di Siusi, apparentemente opposte. Ma in entrambe ci sono due figure di spalle. L’identità visiva sta nella relazione tra sguardo, figura e spazio, non nel soggetto in sé.


Oltre il cliché, verso il paesaggio interiore

Riproponendo un vecchio spot Beucci ci ha introdotto a come aumentando le possibilità di spostamento le persone hanno iniziato poter soddisfare la voglia di viaggiare e di come anche questo abbia impattato visione sulla fotografia di paesaggio legandosi al turismo e con le pubblicità.


Per arrivare ad oggi in cui la fotografia di paesaggio sia spesso una rincorsa al “posto giusto” per il “click perfetto”. Le code per fotografare uno scorcio ormai iconico – spesso svuotato del suo contesto sociale – sono una forma moderna di pellegrinaggio estetico. Ma Ghirri ci invita a fare il contrario: lasciare che sia il paesaggio a entrare dentro di noi.


Conclusione: l’eredità di Ghirri oggi


 Luigi Ghirri ha aperto la strada a una nuova consapevolezza del paesaggio italiano. Non un luogo da cartolina, ma un insieme di segni da decifrare, memorie da evocare, identità da ricostruire.
Beucci ha ricordato come Ghirri non fosse mai isolato: ha sempre collaborato con altri autori, costruendo una comunità di sguardi (Cresci, Chiaramonte, Basilico…). E oggi più che mai la sua lezione è attuale.
Oggi fotografare dovrebbe ancora essere un modo per guardare meglio, per riappropriarci del nostro sguardo.


📸 A fine serata, abbiamo condiviso pensieri, domande, suggestioni. Si è discusso dell’importanza di frequentare mostre, consultare ed acquistare libri fotografici per far sì che mettendosi davanti alla fotografia ci si possa interrogare su cosa voglia veramente dirci e quali aspetti, dettagli posso usare per comprenderla meglio, in un mondo in cui l’immagine ci sovrasta, l’analisi, la lettura, la comprensione e la rilettura delle fotografie dobbiamo recuperare uno sguardo fotografico concettuale.

Ma soprattutto, ci siamo portati a casa un invito: tornare a guardare il nostro paese – e il mondo – con la meraviglia e la curiosità di un bambino.


📅 Prossimo appuntamento: Venerdì 30 Maggio

Elisabetta Parente Il XX secolo fotografi e/o artisti. Quali confini?